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Formato
a stampa
Il libro in questione è
diviso in tre parti: lo spazio visivo dello scrivere, lo spazio concettuale
dello scrivere, la mente come spazio di scrittura.
Uno dei primi concetti proposti
da Jay Bolter riguarda la scrittura topica, cioè la scrittura, tipica
dello spazio dello scrivere elettronico, in cui gli elementi costitutivi
non sono le singole parole, sono piuttosto unità dotate di valore
semantico. La scrittura topica non si sostuisce a quella per parole, la
novità sta nel fatto che le unità topiche divengono elementi
funzionali del testo, poichè un loro movimento porta con sè
un movimento dei termini ad essi legati. Definendo simboli topici, l'utente
può ignorare i dettagli della scrittura, con la possibilità
di vedere con maggiore chiarezza la struttura del testo.
Di seguito Bolter definisce
i termini ipertesto e ipermedia, le origini della parola ipertesto ed il
tentativo di Vannevar Bush (Memex) di rivoluzionare il modo di leggere
e scrivere.
Il capitolo 2 non è
altro che una cavalcata lungo la storia della scrittura, a partire dal
papiro degli Egizi e dalla scrittura cuneiforme dei Sumeri, per passare
ai manoscritti cartacei del Medioevo (senza tralasciare il ruolo dei Fenici,
dei Greci e dei Romani in relazione alla scrittura alfabetica) ed alla
stampa, per arrivare alla video scrittura. A proposito di quest'ultima,
Bolter scrive che della tavoletta di cera ha la capacità di modificarsi
rapidamente, del manoscritto medioevale ha la possibilità di apporre
note senza minare la chiarezza del testo, della macchina da scrivere ha
la tastiera, la procedura di selezione discreta degli elemente alfabetici
e l'uniformità meccanica.
Riprendendo il tema delle
note, estremamente rilevanti nel manoscritto medioevale, Bolter evidenzia
come gli editori moderni, esiliandole, hanno sacrificato sia l'immediatezza
dei rimandi sia la contestualizzazione visiva e concettuale che esse offrivano
al lettore medioevale. La caratteristica tipografica fondamentale delle
macchine elettroniche è rappresentata dalla cosiddetta finestra,
un'organizzazione dello spazio capace di definire spazialmente qualunque
unità verbale, grafica, o mista, e di organizzare la visione che
lo scrittore/lettore ha di questo spazio.
Il tema centrale della seconda
parte di "Writing Space" riguarda lo spazio nel quale, nel corso degli
anni, sono state racchiuse le parole, i contenuti; a questo punto Bolter
parla dell'enciclopedia, capace all'occorrenza sia di far fronte a problemi
di sovrabbondanza sia di scarsità di testi. Il computer però
è in grado di ripristinare l'ordine per argomenti anche nel caso
di testi vasti come le enciclopedie; il problema del reperimento delle
informazioni è semplificato dalla possibilità di automatizzazione
completa o parziale delle operazioni di ricerca; i rimandi possono essere
nascosti o visibili a discrezione del lettore.
Sfogliando le pagine in
modo sequenziale leggiamo Uno degli spunti più provocatori, riguarda
la definizione di "antilettura": «...la
lettura passiva, il desiderio di immergersi nel testo, è tutt'altro
che un'esperienza semiotica. Il risultato di una lettura passiva è
dimenticare se stessi identificandosi con il mondo narrativo presentato.
In questo senso la lettura passiva è antilettura, dal momento che
la vera lettura è un incontro di segni, nei quali il lettore afferma
continuamente (e ripetutamente perde) la sua indipendenza dal testo. Il
computer può essere complice dell'antilettura...» (J.D.Bolter)
Seguono una serie di esempi
di narrativa interattiva. Bolter offre una descrizione delle opere di:
Luis Borges, Jacques Derrida, William Dickey, James Joyce, Micheal Joyce,
Laurence Sterne, Marc Saporta, i quali sovvertono i canoni del libro a
stampa tradizionale soprattutto dal punto di vista tipografico.
La terza parte esordisce
con la definizione di intelligenza artificiale: "l'arte di programmare
il computer a scrivere la mente" ("Writing Space", edit. Vita e Pensiero,
pag. 217), e con l'esposizione di alcuni tentativi di simulare il pensiero
umano, o meglio, la capacità degli umani di comprendere delle domande
ed elaborare delle risposte.
L'altro argomento degno
di nota rigurda segni e referenze. Nei mezzi di comunicazione precedenti
come il libro a stampa, il riferimento dei segni ad altri segni era solo
potenziale. Le parole presenti nel testo elettronico esplicitano i loro
riferimenti perchè fanno parte di unità topiche connesse
ad analoghe strutture da una serie di legami. Le stesse unità topiche
hanno natura segnica, risulta evidente perciò che sia un dizionario
uno dei primi testi ad essere tradotto in forma elettronica.
Bolter è convinto
che il sè scritto dall'autore differisce da una tecnologia di scrittura
all'altra; il manoscritto e ancora di più la stampa è identica
quando ritorniamo su di essa dopo un po' di tempo, il testo elettronico
si modifica istante per istante.
Verso la fine del libro
l'autore difende la scrittura elettronica da chi paragona lo spazio dello
scrivere elettronico allo schermo televisivo: "...La televisione non
vuole un lettore che guardi lo schermo come uno schermo elettronico; vuole
uno spettatore che non comprenda o non si curi di come l'immagine televisiva
è costruita. La televisione cerca cioè di alimentare la falsa
percezione di essere percezione pura, ricreazione perfetta del mondo. Diversamente
dal computer, che è una tecnica di scrittura e lettura, la televisione
lavora contro la cultura scritta favorendo l'immagine rispetto al concetto,
la risposta emotiva rispetto all'analisi" (ibid. pag. 289).
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